Introduzione

La Sartiglia di Oristano è una delle poche corse all’anello che si conservano nella vecchia Europa. Comparsa in epoca giudicale come manifestazione dei ceti dominanti, conservata e difesa dal popolo d’Arborea nei periodi più bui delle dominazioni straniere, si è arricchita nei secoli fino a diventare la rappresentazione scenica dei mutamenti sociali, culturali e di costume del popolo oristanese.

Scavando nella storia è facile verificare che la corsa della Sartiglia trae origine da una giostra militare saracena, appresa probabilmente dai cavalieri cristiani e introdotta in occidente fra il 1118 e il 1200, fra la prima e la terza crociata. I crociati appresero dai saraceni, loro avversari, questi giochi militari perché molto utili all’addestramento delle milizie.

Molti storici antichi descrivono che il gioco dell’anello consisteva nel sospendere, lungo il percorso stabilito, all’altezza di un uomo a cavallo, un anello, che il cavaliere doveva cercare d’infilzare con la lancia o con la spada.

Questi "giochi d’armi cortesi" dopo l’invenzione della polvere da sparo vennero adottati come giochi per l’addestramento delle reclute per la cavalleria. Ebbero grande diffusione anche in Spagna dove i giovani spagnoli competevano con i mori.

Grazie ai legami tra la corte d’Arborea e la corte Aragonese il gioco equestre, Sartia, venne introdotto nella città giudicale intorno al XIII sec.. I cavalieri oristanesi ne impararono i segreti probabilmente dalle truppe di Pietro d’Aragona nel 1479.

Oggi la Sartiglia ad Oristano si corre l’ultima Domenica di carnevale e il Martedì, che precede il Mercoledì delle Ceneri. In passato era una manifestazione delle classi nobili, in seguito avrebbe coinvolto strati sociali prima esclusi, diventando così un’espressione di vita, di costume e di cultura popolare.

Nonostante la carenza di documenti, è certo che la Sartiglia di Oristano sia stata conservata nel tempo grazie ad un canonico della cattedrale, Giovanni Dessì; il quale, al fine di scongiurare durante il carnevale risse sanguinose tra soldati aragonesi e cavalieri locali, istituì un lascito a favore del Gremio dei Contadini per il mantenimento della Sartiglia.

Il Gremio, in seguito chiamato «società di Santu Giuanni ‘e foras», ha avuto infatti in dono un fondo rustico, ancor oggi denominato su cungiau de sa Sartiglia (terreno per la Sartiglia), perché il ricavato proveniente dalla coltivazione di questo terreno doveva, secondo quanto predisposto nel lascito, essere utilizzato esclusivamente per le spese necessarie all’effettuazione della corsa.

Da quel momento (intorno al 1500), venne assunto l’impegno di far correre la Sartiglia l’ultima Domenica di carnevale, dopo il canto del Vespro da parte del Capitolo; mentre per la corsa del Martedì successivo l’impegno venne rispettato dal Gremio dei Falegnami, in seguito chiamato «società di San Giuseppe».

Condizione improrogabile era quella di far svolgere la corsa in qualsiasi situazione meteorologica, economica e sociale. In anni di guerra e di pestilenze è toccato al solo Componidori fare atto di presenza dinanzi al Duomo, per tenere fede simbolicamente all’impegno assunto dai due Gremi.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la gara si corse per l’ultima volta nel 1940, mentre nei due anni successivi la cerimonia fu ridotta all’essenziale, con la presenza del solo Componidori e dei due luogotenenti, ma non si fece la corsa. Non si udirono né tamburi né trombe, in quel clima cupo di tristezza, sino al 1946 quando tutto riprese con grande entusiasmo.

I due Gremi, ancora oggi, come nel passato, hanno una struttura organizzativa di tipo gerarchico, comunque basata su alcuni fondamentali principi democratici. Al vertice c’è un presidente, annualmente eletto a maggioranza assoluta nel giorno del santo Patrono. Il 19 Marzo, per San Giuseppe, viene eletto il presidente del Gremio dei falegnami; il 24 giugno, per San Giovanni, il presidente del Gremio dei Contadini.

I due presidenti hanno il compito di nominare il Componidori, questa scelta è condizionata dalla funzione alla quale egli è preposto: deve avere capacità straordinarie nel condurre il cavallo. In genere si tratta di cavalieri che negli anni precedenti hanno dimostrato particolari doti nelle discese alla stella e nelle pariglie.

Ogni anno, il 2 Febbraio, giorno della Candelora, i presidenti dei due Gremi nominano i Componidores delle rispettive Sartiglie. Nella decisione però converge anche l’opinione degli altri membri del consiglio dei Gremi.

In differenti chiese i due Gremi, di buon mattino, assistono alla messa della Candelora, durante la quale vengono benedette le candele. Quindi, in corteo, si recano a casa dei soci per consegnare le candele.





A conclusione del giro, sempre in corteo, i presidenti e il consiglio dei Gremi vanno a casa dei futuri Componidores, che ricevono, tramite l’offerta di una candela finemente lavorata e adorna di nastri con i colori del Gremio, rossi per i Contadini, rosa e celesti per i Falegnami, l’incarico ufficiale per essere il "Maestro in campo" durante la Sartiglia.

Un’aria spagnoleggiante spira su tutta la festa del carnevale di Oristano: dal capo-corsa "su Componidori" - dallo spagnolo Componedor - ai costumi dei cavalieri, alla spada ed all’asta lignea - detta stoccu, dallo spagnolo estoque - con cui i cavalieri tentano di cogliere l’anello a forma di stella.

Su Componidori è il "Maestro in campo", il "Gran Capitano d’armi", figura tipicamente militare, come tutta la gara in cui le caratteristiche militari e cavalleresche riportano alla mente la società e la mentalità nobile del periodo Giudicale.

 

Su Componitori, nei tempi passati, veniva scelto fra i nobili della città ed egli stesso, con i suoi vice, distribuivano fra i loro amici e parenti nobili, inviti segreti a partecipare alla corsa. La manifestazione era soggetta a regole fisse e immutabili.

In seguito venne concessa qualche novità come la corsa acrobatica delle pariglie da svolgersi al di fuori delle mura della città medievale per dare la possibilità ai cavalieri bravi, ma non nobili, di potersi esibire.

Così la Sartiglia è divenuta un «tutt’uno» con la storia di Oristano, integrandone ed esaltandone le tradizioni, i costumi e la cultura.