La Sartiglia e la Sortilla

Diffusa a partire dalla metà del Cinquecento in tutta Europa, ma diversamente attestata in Italia, in Spagna e in Francia, la «corsa degli anelli», detta in francese course de bagues, in spagnolo sortilla e in catalano sortija, pone il problema delle origini incerte della Sartiglia di Oristano.

Una delle tante interpretazioni, avvalorata a partire dalla metà dell’Ottocento (ma mai discussa a fondo) vuole che la corsa degli anelli fosse un gioco equestre tradizionalmente praticato dai mori ed ereditato dagli spagnoli.

Secondo alcuni studiosi la giostra sarebbe giunta in Sardegna in epoca giudicale tramite i donnicelli di Arborea educati alla Corte Aragonese.

È sicuramente chiara però l’etimologia del nome: Sartiglia deriva appunto dallo spagnolo Sortija, che a sua volta ha origine dal latino Sorticula, che significa anello, ma anche Sors, fortuna. Infatti la gara è si una corsa all’anello, ma anche una festa dal profondo significato rituale nei confronti della sorte, con antiche reminiscenze di un antico rito agrario attraverso il quale i popoli del bacino Mediterraneo chiedevano agli dei la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto.

Lo stesso termine Componidori trae origine dallo spagnolo Componedor, che designa il maestro di campo della corsa.

Ciò nonostante alcuni studiosi non sono completamente convinti dell’origine spagnola della giostra; le loro tesi si basano su determinati documenti, questi sono in sintesi i riferimenti storici di particolare interesse:

Alla luce di questi dati, questi studiosi affermano che il radicarsi della corsa degli anelli, documentata ormai in tutta Europa nella metà del XVI secolo, è stato il risultato di una diffusione a partire dall’Italia, che oltre ad esserne la culla ne sarebbe anche il centro di irradiazione.

La tesi più avvalorata resta comunque quella di un’importazione della giostra equestre dalla Spagna. Se infatti scaviamo tra le tante tradizioni spagnole, si nota sicuramente la notevole somiglianza della nostra Sartiglia con un’altra giostra equestre, che si corre nell’isola di Minorca, in Spagna: la Sortilla.

Le somiglianze tra queste due giostre sono ancora oggi oggetto di appassionata riflessione e analisi storiografica e antropologica.

È con il 1479 – anno della battaglia di Macomer che segna la caduta del Marchesato di Oristano e la conseguente annessione alla corona di Spagna – che probabilmente le due feste, già tanto simili nei processi rituali, si incontrano e si condizionano ulteriormente.

Sartiglia e Sortilla sono come due gemelle:

identica l’età, le motivazioni, l’anello, il cavallo, i cavalieri e la folla; inoltre sia laSortilla che la Sartiglia, organizzata dal Gremio dei Contadini, sono dedicate a San Giovanni.

Ad Oristano la Sartiglia che si corre il Martedì, organizzata dal Gremio dei Falegnami, è dedicata a San Giuseppe.

Osservando lo svolgimento della Sortilla, sono principalmente due le cose che riportano alla mente la Sartiglia di Oristano: la presenza di un «capo corsa», chiamato Caixier Senior, e di una «colonna sonora», tenuta da un personaggio chiamato Fabioler.



Il Caixier Senior viene scelto solamente tra i nobili della città (come veniva fatto in passato per il Componidori) ed investe nella manifestazione una ingente somma di denaro proprio.

Il suo abito costa una fortuna e può essere utilizzato solo per due volte consecutive.

Il Fabioler è, come detto, una specie di colonna sonora. Egli batte su un rudimentale tamburo e soffia su uno stridente piffero per tutta la durata della manifestazione,

potrebbe essere definito quasi un assemblato tra i tamburini e i trombettieri della Sartiglia.

Una dovuta citazione merita il rito dell’uomo pecora: s’homo de bè.

Egli è scelto tra una lista di candidati, tutti braccianti agricoli, che presentano la propria candidatura per onorare un voto.

Il suo compito è quello di portare, per un’intera giornata, la domenica che precede il 24 giugno, un montone al quale sono dedicate tantissime cure.

Il vello bianco del montone forma un tutt’uno con la mastruca (il mantello) dell’uomo, che lo porta sulle spalle, a piedi nudi. Questo rito si rivela quasi sempre fatale per l’animale che, dopo essere stato portato di casa in casa, come un santo in processione, tra spinte, toccate, sbalzi e sussulti, talvolta spira sulle spalle de s’homo de bè.

Se però, oltre ai personaggi, andiamo ad analizzare tutti i riti e tutte le azioni che essi compiono, noteremo sicuramente molte altre analogie. Per esempio, su 120 cavalieri che possono correre, il Caixer Senior ne sceglie 13 che dovranno poi percorrere al galoppo la via per tre volte ciascuno, armati di un lungo stocco, in mezzo alla folla che si apre al loro passaggio, ma che subito si richiude alle spalle dell’uomo e del cavallo. Questi 120 cavalieri stanno in groppa ai propri cavalli dalle 2 del pomeriggio alle 4 del mattino, senza poter mai scendere dal proprio cavallo (nella Sartiglia quest’obbligo è imposto solo al Componidori).

Ogni qualvolta un cavaliere coglie l’ambito anello, una banda musicale empieza a tocar (comincia a suonare) un brano assai gioioso detto Jaleo, tra gli incitamenti della folla tutta.

Ma ciò che colpisce di più una persona estranea alla giostra, ciò che affascina di più, è il momento in cui il cavaliere si esibisce sul cavallo impennatosi, mentre la folla lo incita, lo sprona, lo provoca, lo tocca quasi fosse un portafortuna.

A conti fatti però rimane sempre una differenza fondamentale tra le due giostre: la Sartiglia di Oristano appare meglio organizzata, mentre la Sortilla di Ciutadella rimane più religiosa e genuina.

Mancano infatti transenne, tribune, addetti e rappresentanti di associazioni, cioè tutti quei personaggi che ad Oristano affollano la via Duomo.

È probabilmente a causa del dominio spagnolo, oggetto di rancore e di sotterranea rivolta, che gli oristanesi trasformano la Sartiglia in festa popolare, affiancandola al Carnevale; per conservare alla memoria collettiva i fasti del Giudicato di Arborea.

E con il carnevale appare ad Oristano la maschera: elemento ambiguo e surreale che, se da una parte distingue più di ogni altro la Sartiglia dalla festa minorchina, dall’altra ne evidenzia la dimensione di messa in scena laica, di teatro della storia.